Difficile ricapitolare se stessi dove l’ambiente esterno ha reso necessario mettere in piedi nuove barriere. Ho costruito un muro, l’ho decorato e gli ho dato un nome: anaffettività.
Ricapitolarsi.
Tornare ad amare è aprire la possibilità di un nuovo baratro, ma come accettarlo quando sono tante le sfide che strattonano le mie debolezze?
L’amore è compromesso. L’altro non ci apparterrà mai e, ancora più tragicamente, resta quell’eterna inquietudine di fondo, quel quesito senza risposta poiché oscura è la domanda stessa.
Chi sono io e che cosa cerco in te? Cosa cerco di riparare attraverso di te?
Accettare le tenebre.
Accettazione.
Dei limiti e delle debolezze.
Delle incomprensioni.
Accettare che l’altro non può essere costruito a nostra immagine e somiglianza, ennesimo capriccio di un dio egoista che vede solo se stesso, troppo tracotante per riconoscere la diversità e le tenebre dell’altro.
Amore è diventare quell’orizzonte di senso per l’altro. Aprirsi alla vulnerabilità.
Accettazione.
Compromesso.
Ed è lì il baratro:
accettare di non poter avere controllo; nessuna certezza e nessuna eternità francamente patetica.
La sfida più grande è quella dell’amore davvero eterno e senza briglie, quel che scrive Nietzsche in ‘Umano troppo umano’…
finché ti amerò, compirò nei tuoi confronti le azioni dell’amore; se cesserà di amarti, tu continuerai a ricevere da me le stesse azioni, anche se per motivi diversi.
Ma come?
Quando mi guardi, da qualche parte provo un senso di colpa perché mai sarò in grado di offrirti quello che suggeriscono i tuoi occhi. Ma forse non è questo il punto: le nostre domande sono diverse e diverse saranno quindi le nostre risposte. Quello che cerchiamo sarà sempre oscuro, ma ora quella tensione si è placata.
In me.
In te.
Diventa noi.
inverno 2016