mappe dell’assenza.

di traumi evenemenziali troverai
nessuna cicatrice come medaglia al petto
ma se saprai cercare ti parleranno
fatti della mia storia, della mia coscienza ininterrotta
divenuti demoni
nel buio delle notti
in un tremolio delle mani
nello sguardo cupo degli occhi.
il concetto di appartenenza mi sfugge dalle mani, scivola via fra i miei abbracci di amante sempre inesperto. immaginarmi con te è già tracciare nella fantasia una carta dell’assenza. appartenere è un compromesso e un vincolo che ci rende umani. è la scelta e rendermi libero, in ogni mio gesto, in un sentimento che curo in solitudine.
appartenere è ὕβρις agli occhi di déi che non prego, cui non posso inginocchiarmi. sempre esule, cerco un legame con una comunità che non esiste e pratico l’arte dell’estraniamento da ogni patria convenzionale.

in piazza.

«Dice che non esiste alcuna possibilità che voi due torniate assieme, che dovresti guardare finalmente avanti, inventarti una vita». Pierre mescolava adagio il suo caffè macchiato, avvelenato da qualche cucchiaino di zucchero di troppo.
«E tu che le hai detto?», lo incalzo, restando impassibile.
«Ma niente, annuivo… che dovevo fare? Non aveva senso aprire una discussione. Non ho fatto commenti. Poi ha cambiato in fretta discorso, tornando ai suoi progetti, le opportunità in Provenza… il resto lo sai.»

Io e Laura ci siamo lasciati nel mite settembre del 2012. Lei è partita per la Francia con la sua migliore amica. Agganci di parenti e amici hanno fatto il resto. Una fuga riuscita, nonostante tutto. L’incontro di ieri sera, nel pub storico Quo Vadis?, la rimpatriata, dopo nove mesi di assenza, ne è stata una celebrazione. C’era tutta la compagnia, al netto di transfughi e lavoratori inflessibili. Ci siamo salutati calorosamente, o almeno lei deve avere avuto questa sensazione. Ho sempre avuto una certa abilità nella dissimulazione di circostanza e non la vedo come una colpa. Anzi, è un tributo alla sua nascente carriera d’attrice.

Bevo un sorso del mio succo d’arancia. Sto sudando anche se siamo all’ombra, al riparo di un gazebo di un bar di piazza della Fortezza. Pierre si accende una sigaretta, guarda le passanti.
«A me diverte. Non ha mai capito molto di me, se può pensare che io la possa desiderare ancora.»
Lui alza le spalle e rilascia una nuvola di fumo. «Dice che le hai lanciato occhiate tutta la sera».
«Il mio è un interesse scientifico». Trattengo una risata, Pierre mi sorride.

Laura crede che ignorando il passato, avrà la possibilità di percorrere nuove strade. Io convivo con il passato, è un compagno fedele delle mie giornate. Lo tengo al mio fianco ed è questo a renderlo innocuo. Lei, al contrario, è sempre proiettata verso il futuro, nel vano tentativo di modellare l’immagine di se stessa che lo vivrà. E non fraintendetemi: non è un male guardare al domani, ma lo è il farlo a scapito del presente.